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Con il deliberato della Giunta Municipale n. 199 del 18 luglio 2003, il Comune di Scilla ha affidato al Club Alpino Italiano – Sezione Aspromonte di Reggio Calabria un indagine conoscitiva sull’ambiente ipogeo attinente le grotte di Tremusa.
Il CAI ha coordinato svariati sopralluoghi effettuati nella cavità da una speciale commissione speleologica in cui sono emerse interessanti osservazioni sull’aspetto geologico, curati dalla geologa dr.ssa Sabrina Falcomatà, su quello paleontologico, curati dalla paleontologa dr.ssa Antonella Cinzia Marra e su quello toponomastico, curati dalla linguista dr.ssa Rita Criserà.
L’ingresso delle grotte si trova ad un altitudine di 532 metri s.l.m. e dal rilievo topografico risultano le seguenti coordinate: Longitudine 15°45’58”50 - Latitudine 38°14’01”
Diversi sentieri attraversano l’area circostante le grotte e vi convergono itinerari naturalisticamente pregevoli con partenza da Scilla, Favazzina e Melia.
Di seguito si riportano le analitiche osservazioni della commissione speleologica supportate da immagini fotografiche che ne esaltano gli aspetti morfologiche e gli splendidi agglomerati di conchiglie del tutto particolari.
“Le grotte di Tremusa sono collocate all’interno del territorio del comune di Scilla a circa 600 mt. sul livello del mare.
Gli affioramenti presenti nell'area circostante più prossima alle grotte e quelli all’interno delle grotte stesse sono costituiti da rocce sedimentarie ed in particolare da arenaree fossilifere di colore chiaro risalenti al Pliocene, periodo geologico compreso tra 5,2 e 1,8 milioni di anni fa.
Tutta l’area in esame, la quale milioni di ani fa si trovava sotto il livello del mare, ha subito nel corso del tempo un sollevamento tettonico che ha causato il riaffioramento di questi sedimenti tipici di ambiente marino. I gusci fossili presenti nella roccia, spesso molto ben conservati, sono le conchiglie Pecten, bivalvi appartenenti al Phylum dei molluschi, che hanno incominciato ad abitare i fondali marini sabbiosi e fangosi più di 500 mIlioni di anni fa.
Le grotte di Tremusa, si sono formate in seguito all'azione meccanica dell’acqua che, erodendo gli strati meno resistenti già fatturati, ha dato origine alle cavità grandi e piccole con le quali oggi si mostrano le grotte stesse.
L’azione chimica delle acque, infiltrate nel terreno, ha generato, di contro, le affascinanti forme tipiche delle grotte carsiche quali: stalattiti, stalagmiti, colonne e concrezioni di calcite, minerale costituito da carbonato di calcio (CaCO3).
L'acqua, un po’ acidula, qual’è quella piovana che si carica di anidride carbonica (CO2) presente nell'atmosfera, ha un potere dissolvente/corrosivo sul carbonato di calcio (CaCO3) presente nella roccia.
Questo composto viene trasformato in bicarbonato di calcio (Ca [HCO3]2) disciolto nelle acque percolanti. Quando tale soluzione compare, sotto forma dì goccioline o di sottilissimi veli, sulle pareti e sul tetto delle grotte l'anidride carbonica contenuta in essa riesce a liberarsi e l'acqua, tramite l'evaporazione, abbandona il carbonato di calcio dando luogo alle tipiche forme calcaree sopramenzionate.
Le grotte di Tremusa sono a tutt'oggi attive; si possono osservare, infatti, al loro interno, quelle goccioline d’acqua che, molto lentamente, permetteranno l’accrescimento delle concrezioni di calcite già esistenti”.
“Le grotte di Tremusa sono scavate nelle arenarie Plioceniche (da 5,2 a 1,8 milioni di anni fa) che affiorano nell'area pede-aspromontana della provincia di Reggio Calabria. La deposizione delle sabbie che noi oggi vediamo in affioramento è avvenuta sotto il livello del mare, in acque profonde. Tutta l’area ha subito un sollevamento tettonico in diverse fasi, che ha portato gli antichi fondali a centinaia di metri sopra il livello del mare. Nelle arenarie sono abbondati e ben conservate conchiglie appartenenti al Phylum Mollusca, Classe Bivalvia, Ordine Pterioida, Genere Pecten.
La conchiglia, caratterizzata da una valva destra convessa e da una valva sinistra piatta, presenta ornamentazioni a coste. Poiché sono impostate in un substrato pliocenico, le grotte di Tremusa sono sicuramente posteriori a questo periodo. Il processo di formazione delle grotte non è ancora chiarito del tutto. Potrebbero essere state formate da acque superficiali percolate attraverso fessure, che successivamente si sono canalizzate all'interno del massiccio, scorrendo e scavando. In un secondo momento, finita la fase di scavo, è iniziata la deposizione di speleotemi (stalattiti, stalagmiti, veli, colonne). L’erosione delle arenarie incassanti, causata dagli agenti atmosferici, potrebbe avere prodotto l'apertura attuale delle grotte. In alternativa, le grotte potrebbero essere scavate dall'azione dell'ansa di un fiume superficiale. Alcune colonne di carbonato di calcio andrebbero ulteriormente indagate, poiché sembrano sospese dalla volta della grotta. Potrebbe trattarsi della testimonianza di un antico livello del pavimento della grotta. L'attuale pavimento della grotta è di grande interesse. Si cammina su di un riempimento di sedimento a granulometria abbastanza fine, grigiastro. Questo sedimento potrebbe essere stato deposto prima che le grotte si aprissero come tali, quando ancora erano cavità interne al massiccio arenaceo. In tal caso, potrebbe trattarsi di sedimenti provenienti dalla parte sommitale del massiccio e pervenuti all’interno attraverso fessure. Nel caso invece di una deposizione successiva all'apertura delle grotte, potrebbe trattarsi di sedimento portato dall’azione di acque superficiali o dal vento. In entrambi i casi, il sedimento andrebbe studiato con accuratezza, provvedendo ad una campionatura al fine di conoscere granulometria e composizione. Uno o più saggi, inoltre, potrebbero fornire importanti indicazioni paleontologiche. I sedimenti delle grotte, infatti, spesso contengono fossili di vertebrati. I fossili più comuni sono resti di piccoli mammiferi predati da uccelli rapaci che si rifugiano nelle grotte. I grossi rapaci abitualmente rigettano le parti indigeribili delle prede, cioè le ossa, che possono fossilizzare.
Inoltre, in ambienti di grotta possono pervenire resti di altri vertebrati, anche di grosse dimensioni, attraverso fessure e aperture all’esterno.
Le indagini condotte in tal senso dovrebbero essere eseguite da un paleontologico, con il permesso della Soprintendenza alle Antichità della Calabria. I ritrovamenti di vertebrati fossili nella provincia di Reggio Calabria sono i pochi e le grotte di Tremusa potrebbero rivelarsi un sito interessante”.
“Non lontano da Melia si trova una località denominata rutti i tremusa, caratterizzata dalla presenza di grotte di natura calcareo-conchiglifera che fanno parte del vasto territorio pliocenico reggino che dalla fiumara di Favazzina si notano quasi fino a quello di Croce Valanidi. Il toponimo presenta le varianti tremusa, tremisi; il Rohlfs registra la forma rutti i Cremissi e ancora, nella zona, si ritrovano le denominazioni akkua i tremisa, con riferimento all’acquedotto del comune di Scilla e passu i tremusa, punto di guado della fiumara Favazzina lungo il percorso della via Popilia, antica strada consolare romana. Mentre il Rohlfs non fornisce un 'etimologia del toponimo, molto convincente appare quella proposta dall’Alessio, che lo fa derivare dal greco tremousa “(terra) tremante”.
Tale derivazione, oltre a rispecchiare la morfologia della zona, trova confronto nel calabrese tremula "melma dei fiumi" che il Rohlfs registra proprio nella zona di Scilla”.