Divario Nord Sud
Ci sono immagini tra le
tante che non si vorrebbero vedere più; ma non è stato così l’altra
sera quando in TV si è visto l’ennesimo autobus che partiva, dalla
Sicilia diretto in Germania, pieno di giovani e meno giovani alla
ricerca di un lavoro.
Le lacrime di una ragazza che
intraprendeva quel viaggio della speranza, mi hanno fatto
ripercorrere nella mente, come tanti flash, quei paesaggi che si
vedono quando si percorre l’Italia da Sud verso Nord. Se poi si
aggiungono anche i colori della notte, con le luci che si infrangono
sui vetri dei finestrini, “il film” riapre antiche ferite nella
mente e ti fa
soffrire
perché vedi cose che non vorresti più vedere e ti fa arrabbiare
perché non riesci a credere che ancora oggi vi
sia
il bisogno di
emigrare.
Quella di oggi è diventata una
emigrazione sistematica, provocata oltre che dal bisogno anche dalla
frustrazione, un emorragia di persone ed affetti che lacera e
svilisce il significato pieno della famiglia, della comunità. E
tutti noi ci siamo talmente assuefatti che non ci scandalizziamo per
il fatto che essa non sia stata mai dichiarata emergenza nazionale:
non ho mai letto che nel programma di un partito politico essa fosse
messa al centro dell’agenda. Non dico come unità d’intenti ma come
progetto di risanamento del dramma sociale che un’intera nazione
vive da decenni. Non è un problema di nord e sud, si tratta
piuttosto
di una “silente deportazione” di
fronte alla quale non di rado sentiamo solo frasi di allucinante
rassegnazione.
Piccole parole, scrollatine di
spalle e si continua a soprassedere. Le analisi sono state fatte,
mancano le soluzioni al problema, e soprattutto manca l’umiltà e la
consapevolezza che certe problematiche sociali si risolvono insieme;
per me insieme significa destra e sinistra, Stato e Chiesa, politica
e società civile, formata dall’associazionismo laico, dal mondo
imprenditoriale e culturale. I settori trainanti dell’economia nel
sud Italia sono o dovrebbero essere quello del turismo,
dell’agricoltura, del terziario; tenendo presente che la popolazione
tende ad invecchiare non è difficile prevedere che nel prossimo
futuro si debba fare fronte ad una massiccia assistenza domiciliare
agli anziani. E’ indubbio che non ci sono ricette magiche ma vorrei
vedere un cambio di passo, non più
vediamo, non più domani.
Oggi, oggi scelgo di
cambiare, di lottare nella mia quotidianità per non vedere più
parenti ed amici che partono. So bene mentre scrivo che molti si
riconosceranno in queste parole, ritrovandosi a pensare ad una
persona cara che è già partita o sta per partire in cerca di lavoro.
Ecco, che alle persone che tra qualche mese o qualche anno si
presenteranno per chiedermi di votarle, chiederò: cosa hai in mente
di fare per fermare questo esodo di giovani dalla Calabria, dal Sud
dell’Italia?
Questa avventura ti
riguarda? è una tua priorità politica?
Cosa pensi di fare con le
sovvenzioni pubbliche? Continuiamo con un altro decennio di tanti
incentivi a pochi o proviamo ad invertire l’usanza e sperimentiamo
magari pochi incentivi a molti? E’ tempo di accorgersi che sono
ormai in troppi che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese e
sarebbe ora che un piccolo incentivo ai tanti contribuisca a
ridare
dignità sociale.
Ecco che il mio impegno sarà quello
di lavorare per favorire una maggiore cultura, una migliore
istruzione, meno abbandono scolastico. E’ questa la mia convinzione,
la strada dell’istruzione capillare è la sfida per iniziare a
cambiare questo destino: la gioia di studiare e poi di poter
verificare nel lavoro la propria preparazione, con la gratificazione
di vivere l’esperienza di cittadino a servizio di una società che
gli appartiene e non in funzione di una società percepita come
distante,
della quale si stenta a farne parte o nella quale si vive nella
rassegnazione.
Sogno degli indicatori
che dovrebbero sostituire quelli ai quali la società dei consumi ci
ha costretti a sottometterci, come dei termometri per controllare la
febbre di questa società, per capire dove si è arrivati. Indicatori
semplici da leggere per rendersi conto di quanto sia sana o malata
la società in cui viviamo. Ad esempio: quanti centri sportivi sono
diffusi nei nostri territori? quante mediateche e biblioteche sono
aperte per i nostri giovani? quanti Ospedali, Scuole e servizi
pubblici efficienti per dare risposte immediate a problemi concreti
e contingenti?
E’
vero non ci sono ricette precostituite, ma è oggi che scelgo di
cambiare.
Antonio Pirrotta